Adolescenza e coltelli

Questi giorni, mentre dalla cronaca arrivano notizie di stupri di gruppo e omicidi che riguardano minorenni, per motivi lavorativi ho ripreso l’ascolto di conferenze sugli studi di Freud, Jung e Nietzsche, sulla loro visione dell’arte.
Premesso che, tutta la vita si ha a che fare con questi due potenti impulsi che sono la sessualità e l’aggressività, indipendentemente dall’epoca in cui si vive e rileggendo la mia esperienza, penso che intorno ai dodici anni comincia questa “fascinazione” verso una sorta di subcultura di strada, forse non differente dalla legge della giungla, quasi indipendentemente dalla famiglia da cui provieni.
Quando non è ancora formato un io consapevole, quando non è ancora formata una coscienza che media tra l’impulso e il pensiero, ES e super ego come direbbe Freud, ecco che in un istante puoi fare una grande cazzata, dalle conseguenze irreversibili.
Chi è che interviene in quella fase, quando non hai i mezzi per discernere?
E qui mi è tornato alla mente un ricordo.
Sono stato adolescente in un tempo in cui non c’era internet, telefoni, fiction ecc.
Non penso che avevo più di 16 anni, mi piacevano i coltelli. Ne avevo 3, uno lo comprai alla gita di terza media, era un po’ più lungo di 5 dita e più avanti arrivarono una molletta ed una marsigliese, li tenevo nascosti in un cassetto della mia stanza.
Ora, siccome mia mamma era peggio della finanza e non c’era in casa un millimetro che lei non perquisiva, un giorno trovai mio padre nella stanza. Con fare serio, che nel suo codice, mi comunicava a livello subliminale che se avessi dato risposta sbagliata “vulavano ‘e paccheri” mi chiese che dovessi fare con quei coltelli. E siccome la risposta che mi piacevano, evidentemente non era convincente, in maniera secca disse: questi ora, li prendo io, perché sono pericolosi e tu non devi girare in strada con queste cose. Punto.
Ed io zitto, seppur allora non d’accordo.
Col senno di poi, crescendo, ho benedetto tutte le azioni dei miei genitori e sono stato fortunato e ne vado fiero di avere avuto esseri umani così, che mi hanno dato le basi, seppur rinnegate nella fase biologica dell’adolescenza , che dopo i 27/28 ho reincontrato e sentito a pieno.
Quei coltelli me li ridiede dopo i 30 anni, ora non li ho più perché so bene, come dice il detto napoletano ” ‘a capa è na sfoglia ‘e cipolla”, che nella vita basta un attimo per fare una cazzata ed è meglio non avere armi. I decenni e le esperienze mi hanno insegnato che in qualsiasi situazione l’arma più grande è la parola. In caso le gambe per correre. Ed un minimo di uso del corpo sperando che non si arrivi mai a quel punto.
In più la vita mi ha regalato armi potenti assai per sublimare quelle forze primordiali di cui parlavo prima. Queste armi sono gli strumenti musicali, i pupi, le marionette, la scultura, insomma l’arte. Ed è questo che negli ultimi anni mi sono prefissato di fare e faccio, quando incontro un bambino gli lascio un seme di questo, sperando che la vita si prenda cura negli anni di farlo diventare un frutto.
Mo torno a lavorare, che devo inventare contenuti per riempire una nuova pagina bianca della mia vita, ma questa è un’altra storia.
Statevi bene, cia’.